Guru Tegh Bahadur Sahib Ji
Il nono Guru, Tegh Bahadur, che successe a Har Krishan, nacque il 1° aprile 1621. Era il più giovane dei cinque figli di Guru Hargobind. Anche se si era ritirato a condurre la vita di un mistico nel suo villaggio di sua madre Mata Nanaki, aveva talmente impressionato il padre con il suo coraggio e la valorosa condotta nella battaglia di Kartarpur che Guru Hargobind aveva previsto, con una precisione impressionante, che lui, e suo figlio dopo di lui, avrebbe reso orgogliosi i Sikh. Tegh Bahadur fu un accanito viaggiatore. A causa della mobilità dei cittadini alla fede Sikh, i suoi viaggi andavano da Delhi, Mathura, Banaras e Allahabad a Gaya, Patna, Dacca e Dhubri (in Assam). Fu a Patna che suo figlio Gobind - il decimo e ultimo Guru - nacque. Il suo ritorno a Chak Nanaki nel Panjab nel 1672 vide la fine dei suoi viaggi. Chak Nanaki in seguito guadagnò fama con il nome di Anandpur Sahib dopo aver costruito lì una formidabile roccaforte su un alto promontorio ai piedi dell'Himalaya nello stato di Bilaspur. A quel punto però, il profilo di una grande tragedia stava cominciando a emergere, alimentato dall'intolleranza religiosa di Aurangzeb.
Nell’aprile 1669 l'imperatore ordinò ai governatori di tutte le province del Moghul di demolire le scuole e templi degli infedeli e con la massima urgenza di sopprimere gli insegnamenti e la pratica pubblica della religione di questi miscredenti. Nel Kashmir questa politica sconsiderata, che doveva avere un effetto molto destabilizzante e prendere un tributo enorme di vite umane, è stata attuata con crudeltà eccezionale da parte del governatore di quella provincia, Iftikhar Khan. Egli usò la forza per convertire i pandit (sacerdoti Indù) del Kashmir all'Islam. Presi dalla disperazione essi decisero di chiedere aiuto a Guru Tegh Bahadur. Il Guru dopo aver rassicurato e mandato a casa i sacerdoti, confermando che avrebbe protetto la loro religione dalle grinfie dell’Islam, il 25 maggio del 1675, decise di andare ad Agra per parlare con l'imperatore Aurangzeb che disse al Guru “lei ha tre scelte: la prima è che può accettare l’Islam come la sua religione, la seconda è che se lei è un vero maestro faccia vedere un miracolo e la terza è di pagare con la vita la salvezza della religione indù” e Guru Tegh Bahadur rispose “nel sikhismo non è severamente vietato usare la magia e io posso perdere la testa ma non la mia fede”. E così fu, Aurangzeb fece decapitare il Guru che riuscì però comunque a salvaguardare la religione Indù dalle grinfie dell’Islam. Con Guru Teg Bahadur altri tre sikh sono stati uccisi con l’atroce crudelt{. Bhai Mati Das è stato segato vivo in due, Bhai Sati Das venne bruciato vivo e Bhai Dayala ji venne fatto bollire nell’acqua. La testa del Guru fu portata ad Anandpur, dove viveva il Guru con la sua famiglia, da un suo fedele Sikh, Bhai Jetta, che la consegnò al figlio Gobind Rai, che decise che avrebbe dato un nuovo volto a questa religione e ai Sikh e divenne il decimo Guru, Guru Gobind Singh ji. Il resto del corpo venne portato via da un fedele Bhai Lakhi Shah che bruciò la propria casa per cremare il Guru Ji.
Il nono Guru, Tegh Bahadur, che successe a Har Krishan, nacque il 1° aprile 1621. Era il più giovane dei cinque figli di Guru Hargobind. Anche se si era ritirato a condurre la vita di un mistico nel suo villaggio di sua madre Mata Nanaki, aveva talmente impressionato il padre con il suo coraggio e la valorosa condotta nella battaglia di Kartarpur che Guru Hargobind aveva previsto, con una precisione impressionante, che lui, e suo figlio dopo di lui, avrebbe reso orgogliosi i Sikh. Tegh Bahadur fu un accanito viaggiatore. A causa della mobilità dei cittadini alla fede Sikh, i suoi viaggi andavano da Delhi, Mathura, Banaras e Allahabad a Gaya, Patna, Dacca e Dhubri (in Assam). Fu a Patna che suo figlio Gobind - il decimo e ultimo Guru - nacque. Il suo ritorno a Chak Nanaki nel Panjab nel 1672 vide la fine dei suoi viaggi. Chak Nanaki in seguito guadagnò fama con il nome di Anandpur Sahib dopo aver costruito lì una formidabile roccaforte su un alto promontorio ai piedi dell'Himalaya nello stato di Bilaspur. A quel punto però, il profilo di una grande tragedia stava cominciando a emergere, alimentato dall'intolleranza religiosa di Aurangzeb.
Nell’aprile 1669 l'imperatore ordinò ai governatori di tutte le province del Moghul di demolire le scuole e templi degli infedeli e con la massima urgenza di sopprimere gli insegnamenti e la pratica pubblica della religione di questi miscredenti. Nel Kashmir questa politica sconsiderata, che doveva avere un effetto molto destabilizzante e prendere un tributo enorme di vite umane, è stata attuata con crudeltà eccezionale da parte del governatore di quella provincia, Iftikhar Khan. Egli usò la forza per convertire i pandit (sacerdoti Indù) del Kashmir all'Islam. Presi dalla disperazione essi decisero di chiedere aiuto a Guru Tegh Bahadur. Il Guru dopo aver rassicurato e mandato a casa i sacerdoti, confermando che avrebbe protetto la loro religione dalle grinfie dell’Islam, il 25 maggio del 1675, decise di andare ad Agra per parlare con l'imperatore Aurangzeb che disse al Guru “lei ha tre scelte: la prima è che può accettare l’Islam come la sua religione, la seconda è che se lei è un vero maestro faccia vedere un miracolo e la terza è di pagare con la vita la salvezza della religione indù” e Guru Tegh Bahadur rispose “nel sikhismo non è severamente vietato usare la magia e io posso perdere la testa ma non la mia fede”. E così fu, Aurangzeb fece decapitare il Guru che riuscì però comunque a salvaguardare la religione Indù dalle grinfie dell’Islam. Con Guru Teg Bahadur altri tre sikh sono stati uccisi con l’atroce crudelt{. Bhai Mati Das è stato segato vivo in due, Bhai Sati Das venne bruciato vivo e Bhai Dayala ji venne fatto bollire nell’acqua. La testa del Guru fu portata ad Anandpur, dove viveva il Guru con la sua famiglia, da un suo fedele Sikh, Bhai Jetta, che la consegnò al figlio Gobind Rai, che decise che avrebbe dato un nuovo volto a questa religione e ai Sikh e divenne il decimo Guru, Guru Gobind Singh ji. Il resto del corpo venne portato via da un fedele Bhai Lakhi Shah che bruciò la propria casa per cremare il Guru Ji.