di Alessandra Montesanto
Associazione Per i Diritti umani ha incontrato alcuni esponenti della comunità Sikh, residenti a Mantova, in particolare della Sikhi Sewa Society e ha posto loro alcune domande.
Ringrazia molto Jaspreet Singh per il tempo che ha dedicato per questa breve intervista.
Innanzitutto, potete spiegare brevemente chi sono i sikh e qual è il flusso migratorio in Italia ad oggi?
I Sikh sono i seguaci del Sikhismo, religione monoteista, e una delle cinque maggiori religioni nel mondo, con fedeli sparsi in tutto il globo, ma con concentrazione particolare nel Punjab, stato dell’India settentrionale, dove nacque nel 15° secolo.
I Sikh hanno un’identità caratteristica che si riconosce attraverso i Cinque articoli di fede che portano sempre con sé, chiamati anche le famose 5 K (-kesh, non tagliare capelli e barba; –kanga, pettine; –kara, braccialetto di ferro; –kirpan, pugnale sacro; –kachera, sottoveste intima). Oltre alle cinque K un altro simbolo che identifica un Sikh è il turbante. Esso è l’emblema del Sikhismo. Per i Sikh il turbante è sacro e non è considerato come un cappello o copricapo qualsiasi.
Il flusso migratorio in Italia è iniziato lentamente negli anni ’70 fino ad arrivare negli anni 2000 quando con il decreto flussi arrivarono un gran numero di migranti dal Punjab. Negli ultimi anni però è in calo e molti Sikh che già vivono in Italia si stanno spostando verso il Regno Unito e il Nord America.
In quali settori è inclusa la comunità sikh in Italia?
Parlando del presente, la comunità Sikh è ormai inserita un po’ in tutti i settori, tralasciando forse il settore turistico. Nel nord Italia occupano posizioni nell’industria e nell’agricoltura. Nella Pianura Padana il settore in cui la presenza è predominante è l’allevamento di mucche e la produzione casearia, con un grande ruolo nella produzione del Grana Padano (sul quale sono stati fatti diversi articoli evidenziando il come la produzione di uno dei formaggi più famosi d’Italia vada avanti grazie ai Sikh). Nel centro e sud Italia i Sikh sono attivi prevalentemente nell’agricoltura, scelta dettata anche da una limitata presenza del settore industriale nella zona.
Subisce discriminazioni? Sappiamo dello sfruttamento nei campi agricoli del meridione, ad esempio…
Sì purtroppo, in alcuni settori del mondo del lavoro, soprattutto quelli a contatto diretto con il pubblico, ad esempio banche, poste, comuni ecc., dove nonostante le qualifiche non si riesce ad ottenere un posto. Questo è un problema reale che le seconde generazioni stanno affrontando.
Poi ci sono le discriminazioni a livello individuale, fortunatamente un po’ meno frequenti, che capitano quando le persone non sanno che hanno di fronte un Sikh, e ci scambiano per terroristi; piccoli episodi di razzismo qua e là, che però sottolineano il discorso di fondo, mancanza di informazione/conoscenza. Fortunatamente è qualcosa che abbiamo visto calare negli ultimi anni proprio grazie alla diffusione di materiale informativo/eventi interculturali nelle varie città del Bel Paese.
Il vostro gruppo opera a Mantova: come è stato il vostro inserimento nella città?
È stato un processo lento, ma comunque facile: i primi Sikh arrivati qui hanno subito mostrato il loro valore lavorando duramente con onestà e una volta certi del posto di lavoro hanno chiamato le famiglie; i bambini hanno iniziato a frequentare le scuole e piano piano in città è cresciuta la presenza della comunità che ha poi sviluppato un buon processo di integrazione. Ha sicuramente aiutato molto la mentalità aperta delle persone della città che ci hanno accolto bene.
Quali sarebbero le vostre istanze da porre alle istituzioni italiane?
Ci piacerebbe che potessero riconoscere prima di tutto la nostra religione, visto che si tratta di una realtà molto diffusa anche in occidente e crediamo che la comunità si sia costruita una buona immagine. La nostra identità caratteristica è parte della religione stessa, quindi riconoscere il valore di questa identità, del nostro Turbante (che ancora in molti comuni vietano di indossare nelle foto per i documenti d’identità), delle 5 K, tra le quali vi è anche il Kirpan, il pugnale sacro. Su quest’ultimo punto vorrei sottolineare che fino ad oggi non vi è mai stato registrato nessun caso in cui un Sikh abbia usato il pugnale sacro a scopo illecito. E nel mondo ci sono moltissimi Sikh che portano questo articolo di fede con sé tutti i giorni.
Sarebbe forse utile considerare il come altri stati occidentali, dove la presenza Sikh è stata storicamente alta, siano arrivati a comprendere pienamente il significato simbolico del Kirpan, che può essere paragonato al crocifisso, un simbolo di fede.
http://www.peridirittiumani.com/2020/01/30/sikh-religione-identita-e-inclusione-in-italia/
Associazione Per i Diritti umani ha incontrato alcuni esponenti della comunità Sikh, residenti a Mantova, in particolare della Sikhi Sewa Society e ha posto loro alcune domande.
Ringrazia molto Jaspreet Singh per il tempo che ha dedicato per questa breve intervista.
Innanzitutto, potete spiegare brevemente chi sono i sikh e qual è il flusso migratorio in Italia ad oggi?
I Sikh sono i seguaci del Sikhismo, religione monoteista, e una delle cinque maggiori religioni nel mondo, con fedeli sparsi in tutto il globo, ma con concentrazione particolare nel Punjab, stato dell’India settentrionale, dove nacque nel 15° secolo.
I Sikh hanno un’identità caratteristica che si riconosce attraverso i Cinque articoli di fede che portano sempre con sé, chiamati anche le famose 5 K (-kesh, non tagliare capelli e barba; –kanga, pettine; –kara, braccialetto di ferro; –kirpan, pugnale sacro; –kachera, sottoveste intima). Oltre alle cinque K un altro simbolo che identifica un Sikh è il turbante. Esso è l’emblema del Sikhismo. Per i Sikh il turbante è sacro e non è considerato come un cappello o copricapo qualsiasi.
Il flusso migratorio in Italia è iniziato lentamente negli anni ’70 fino ad arrivare negli anni 2000 quando con il decreto flussi arrivarono un gran numero di migranti dal Punjab. Negli ultimi anni però è in calo e molti Sikh che già vivono in Italia si stanno spostando verso il Regno Unito e il Nord America.
In quali settori è inclusa la comunità sikh in Italia?
Parlando del presente, la comunità Sikh è ormai inserita un po’ in tutti i settori, tralasciando forse il settore turistico. Nel nord Italia occupano posizioni nell’industria e nell’agricoltura. Nella Pianura Padana il settore in cui la presenza è predominante è l’allevamento di mucche e la produzione casearia, con un grande ruolo nella produzione del Grana Padano (sul quale sono stati fatti diversi articoli evidenziando il come la produzione di uno dei formaggi più famosi d’Italia vada avanti grazie ai Sikh). Nel centro e sud Italia i Sikh sono attivi prevalentemente nell’agricoltura, scelta dettata anche da una limitata presenza del settore industriale nella zona.
Subisce discriminazioni? Sappiamo dello sfruttamento nei campi agricoli del meridione, ad esempio…
Sì purtroppo, in alcuni settori del mondo del lavoro, soprattutto quelli a contatto diretto con il pubblico, ad esempio banche, poste, comuni ecc., dove nonostante le qualifiche non si riesce ad ottenere un posto. Questo è un problema reale che le seconde generazioni stanno affrontando.
Poi ci sono le discriminazioni a livello individuale, fortunatamente un po’ meno frequenti, che capitano quando le persone non sanno che hanno di fronte un Sikh, e ci scambiano per terroristi; piccoli episodi di razzismo qua e là, che però sottolineano il discorso di fondo, mancanza di informazione/conoscenza. Fortunatamente è qualcosa che abbiamo visto calare negli ultimi anni proprio grazie alla diffusione di materiale informativo/eventi interculturali nelle varie città del Bel Paese.
Il vostro gruppo opera a Mantova: come è stato il vostro inserimento nella città?
È stato un processo lento, ma comunque facile: i primi Sikh arrivati qui hanno subito mostrato il loro valore lavorando duramente con onestà e una volta certi del posto di lavoro hanno chiamato le famiglie; i bambini hanno iniziato a frequentare le scuole e piano piano in città è cresciuta la presenza della comunità che ha poi sviluppato un buon processo di integrazione. Ha sicuramente aiutato molto la mentalità aperta delle persone della città che ci hanno accolto bene.
Quali sarebbero le vostre istanze da porre alle istituzioni italiane?
Ci piacerebbe che potessero riconoscere prima di tutto la nostra religione, visto che si tratta di una realtà molto diffusa anche in occidente e crediamo che la comunità si sia costruita una buona immagine. La nostra identità caratteristica è parte della religione stessa, quindi riconoscere il valore di questa identità, del nostro Turbante (che ancora in molti comuni vietano di indossare nelle foto per i documenti d’identità), delle 5 K, tra le quali vi è anche il Kirpan, il pugnale sacro. Su quest’ultimo punto vorrei sottolineare che fino ad oggi non vi è mai stato registrato nessun caso in cui un Sikh abbia usato il pugnale sacro a scopo illecito. E nel mondo ci sono moltissimi Sikh che portano questo articolo di fede con sé tutti i giorni.
Sarebbe forse utile considerare il come altri stati occidentali, dove la presenza Sikh è stata storicamente alta, siano arrivati a comprendere pienamente il significato simbolico del Kirpan, che può essere paragonato al crocifisso, un simbolo di fede.
http://www.peridirittiumani.com/2020/01/30/sikh-religione-identita-e-inclusione-in-italia/