Che cos’è il Sikhismo
Il Sikhismo è una delle cinque maggiori religioni nel mondo e una tra le più recenti, con fedeli sparsi in tutto il globo, ma con concentrazione particolare nel Punjab, stato dell’India settentrionale, dove nacque nel 15° secolo.
Il Sikhismo è una religione pratica, una fede di speranza ed ottimismo. I suoi ideali formano una larga parte degli elementi più progressivi dell’umanità di oggi. Mostra al genere umano come condurre una vita valida e utile nel mondo, e questo la eleva allo stato di fede del mondo universale. Le credenze fondamentali comprendono la fede e la meditazione sul nome del Creatore, l'unità di tutto il genere umano, l’impegno in servizi di volontariato, la lotta per la giustizia sociale per il beneficio e la prosperità di tutti, e la condotta di una vita onesta.
Il termine Sikh significa “allievo”. Sikh è colui che crede in un unico Dio e negli insegnamenti dei Dieci Guru (Maestro), raccolti nello Sri Guru Granth Sahib Ji, la Sacra Scrittura dei Sikh.
Breve storia del Sikhismo
La religione Sikh è stata fondata da Guru Nanak, apparso sulla terra nel 1469 nel villaggio chiamato Talwandi, oggi conosciuto col nome di Nankana Sahib, nella provincia del Lahore, ora nel Pakistan. Fin dall’infanzia la sua mente acuta si è sempre rifiutata di accettare i riti senza fondamento, le superstizioni e i dogmi che a quel tempo venivano spacciati per religione.
Guru Nanak, e i Nove Guru che gli sono succeduti, hanno dato un magnifico esempio di spiritualità viva, pur tuttavia prendendo parte nelle attività del mondo secolare.
Il Decimo Guru (ed ultima figura umana come Guru), Guru Gobind Singh Ji inizializzò i Sikh alla cerimonia dell’Amrit (battesimo) nel 1699, donando loro un’identità caratteristica. I primi Cinque Sikh battezzati vennero chiamati Panj Pyare (Cinque Beniamini). Costoro, a loro volta, battezzarono il Guru stesso a sua richiesta – un avvenimento inedito nella storia. Poco prima di lasciare la vita terrena, Guru Gobind Singh Ji ordinò ai suoi discepoli di considerare il Guru Granth Sahib Ji, la Sacra Scrittura, come la suprema autorità spirituale ed investì il Panth Khalsa (Comunità Sikh) dell’autorità temporale.
Durante il XVII secolo, i Sikh furono soggetti a varie persecuzioni e soppressioni da parte delle autorità Moghul, che furono motivate come reazione al fanatismo di codesta religione. I Sikh dovettero fare enormi, supremi, sacrifici per proteggere e preservare la loro fede ed anche la propria identità caratteristica.
Quando l’impero Moghul era sull’orlo della disintegrazione e gli Afghani avevano cominciato ad invadere il paese guidati da Ahmed Shah Abdali, i Sikh ne approfittarono per stabilire il proprio regno, che venne realizzato da Maharaja (Grande Re) Ranjit Singh. L’Impero Sikh durò mezzo secolo fino a poi cadere nelle mani degli inglesi dopo la morte del Maharaja.
Durante la lotta per la liberazione dell’India, un gran numero di Sikh sacrificò la propria vita, affrontando con coraggio ogni sorta di brutalità, ed ha sofferto lunghi periodi di prigionia per liberare il paese. Benché i Sikh siano meno del due per cento della popolazione indiana, hanno costituito una grande percentuale dei sacrifici per la liberazione dell’India.
Religione e filosofia Sikh
La religione Sikh è strettamente monoteistica, poiché crede in un solo Dio Supremo. Egli è Assoluto, è l’Eterno, il Creatore, la Causa delle cause, senza inimicizia, senza odio, immanente alla sua creazione e contemporaneamente al di là di essa. Non è più solo il Dio di una nazione, ma il Dio della Grazia.
Ammesso tutto questo, Egli creò l’uomo per la realizzazione del suo obiettivo nel cosmo.
“Oh mio spirito, tu sei l’incarnazione della Luce: conosci la tua essenza” (Guru Nanak Dev Ji)
“Oh mio spirito, il Signore è sempre con te, tramite la parola del Guru, godi il Suo amore; conoscendo la tua essenza, tu conosci il tuo Signore e così conosci il mistero della nascita e della morte” (Guru Granth Sahib Ji, p.441)
Il postulato fondamentale del Sikhismo è che la vita è stata emanata da una pura Sorgente; la Vera Unità risiede in essa. Non solo l’intera filosofia Sikh, ma il suo intero carattere e la sua storia derivano da questo principio.
I Sikh non riconoscono il sistema delle caste, e neppure credono nel culto degli idoli, nei riti e nelle superstizioni. Dei e Dee sono considerate “non-entità”.
Questa religione consiste nel vivere pratico, nel servire l’umanità e nel generare tolleranza e amore fraterno verso tutti. I Guru Sikh non appoggiano il ritiro dal mondo come mezzo per raggiungere la salvezza, che può essere ottenuta da chiunque si guadagni onestamente il pane e conduca una vita normale.
“Solamente conosce il Cammino, o Nanak, colui che guadagna il suo con il sudore della fronte e poi lo condivide con gli altri” (Guru Granth Sahib Ji, p.1245)
Ricchezza e possesso personale non sono ostacolo per vivere all’altezza degli ideali spirituali: “coloro che sono in armonia col Signore, attraverso la Grazia del Guru, arrivano a Lui anche nel bel mezzo della ricchezza” (Guru Granth Sahib Ji, p.921)
Identità caratteristica dei Sikh
Un Sikh ha una propria identità caratteristica, distintiva. Quello che lo distingue dagli altri è rappresentato da cinque simboli, popolarmente conosciuti come le Cinque K, perché la prima lettera di ogni parola indicante questi simboli è appunto K. I simboli sono i seguenti: Kesh (capelli lunghi, da non tagliare più), Kanga (piccolo pettine di legno), Kara (braccialetto di ferro), Kachera (particolare tipo di sottoveste, biancheria intima) e Kirpan (pugnale sacro).
Le persone che indossano un’uniforme e che sono dotate di un aspetto disciplinato, sono maggiormente atta ad ottenere unità di propositi e ad acquisire un senso reale di fratellanza. Un Sikh senza questi simboli non è nessuno.
Oltre alle Cinque K un altro simbolo che identifica un Sikh è il turbante. Esso è l’emblema del Sikhismo. Per i Sikh il turbante è sacro e non è considerato come un cappello o copricapo qualsiasi. I Guru hanno istruito tutti i Sikh a mettere il turbante ed hanno sacrificato la loro vita per proteggere questo onore. Il turbante è lì a ricordarci della nostra connessione a Dio. Contestualizza noi come devoti di Dio e ci dà un modo per vivere in segno di gratitudine per questo dono di riconoscimento.
Ruolo della donna nella società Sikh
La donna è considerata una parte significativa della comunità. Riceve il più grande rispetto e considerazione per il suo ruolo nella famiglia e nella società. Tra i Sikh non esiste l’usanza della “sati”, immolazione della vedova sulla pira del defunto marito. La vedova ha invece il diritto di risposarsi se lo desidera.
Si considera che la donna abbia la stessa anima dell’uomo e quindi che abbia gli stessi diritti ad una crescita spirituale, di partecipare alle congregazioni religiose e di recitare gli inni sacri nei templi Sikh. Può anche essere scelta per partecipare a tutte le funzioni religiose, incluso il battesimo, e perfino celebrarle.
La dote, complesso di beni che, al momento delle nozze, la donna, o chi per lei, apportava al marito per contribuire alle spese ed agli oneri patrimoniali derivanti dal matrimonio, non è permessa. Indossare vesti che espongono il corpo e che fanno nascere cattivi pensieri è considerato disdicevole.
Contributo dei Sikh nel mondo
In Europa pochi conoscono quanto sia antica la tradizione guerriera, comunque intesa in senso spirituale, tipica del popolo Sikh, che ha dovuto fin dall’inizio difendere la propria libertà e la propria identità.
La prima pietra di questa spiritualità marziale fu posta da Guru Hargobind Sahib, sesto Guru dei Sikh, che favorì la diffusione degli ideali di coraggio e di spirito marziale tra i Sikh in seguito al martirio di Guru Arjan Dev Ji, avvenuto a Lahore nel 1606. Per primo, infatti, stabilì il concetto di “Miri e Piri”, la dottrina che unisce l’etica del santo con quella del soldato, e diede così origine a una nuova discendenza spirituale, il Khalsa – fondato dal decimo Maestro, Guru Gobind Singh Ji nel 1699.
I Sikh, dunque, combatterono vittoriosamente contro i Moghul riuscendo definitivamente a instaurare il “Khalsa Raj” (regno del Khalsa) dal 1800 al 1849, sotto il comando del Maharaja Ranjit Singh. Tuttavia, alla morte del Maharaja il dominio Sikh cadde nelle mani degli inglesi.
Rendendosi conto del fatto che i Sikh erano guerrieri coraggiosi e tra i migliori combattenti, le forze imperiali Inglesi li reclutarono in gran numero. I contadini del Panjab, intrepidi per natura, accettarono di arruolarsi nell’esercito britannico.
Fin dal principio i Sikh sono stati imposti dai loro Guru ad affrontare l’ingiustizia sociale, come parte integrante della loro esperienza spirituale e del loro progresso. I Khalsa non furono mai soldati bellici o mercenari; essere un santo soldato faceva parte della loro formazione spirituale e come il difensore della libertà religiosa per tutte le fedi.
Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, migliaia di Indiani, in particolare i Sikh, furono schierati in Europa, in Medio Oriente, in Asia e in Africa a combattere per le Forze Alleate. Lontani dalla madrepatria, essi si scontrarono valorosamente in tutte le zone d’Europa e in molti altri luoghi per una causa che non era la loro.
Una documentazione fornita dal Commonwealth War Graves Commission, testimonia che 80.482 soldati anglo-indiani furono uccisi nei campi di battaglia Europei e in altri luoghi. Anche nella Seconda Guerra Mondiale i Sikh si sono resi protagonisti di gesta eroiche su quasi tutti i fronti di guerra dalla Francia ai Balcani, dal Nord Africa alla Birmania. Questo valore è testimoniato dall’elevato numero di caduti angloindiani, pari a 89.218.
Secondo il Commonwealth War Graves Commission, sono 5727 i soldati indiani morti sul territorio italiano durante la Seconda Guerra Mondiale. Le perdite totale tra morti, feriti e dispersi furono 312.000, e fra questi, 42.000 caduti appartenevano alle forze del Commonwealth in Italia.
Ci sono diversi cimiteri di guerra che testimoniano il contributo dei Sikh durante le due guerre mondiali in Italia: cimitero di guerra di Bari; cimitero di guerra di Salerno; Cimitero di guerra di Napoli; cimitero di guerra di Caserta; cimitero di guerra di Minturno; cimitero di guerra sul Fiume Sangro; cimitero di guerra sul Fiume Moro; cimitero di guerra di Forlì; cimitero di guerra di Anzio; cimitero di guerra di Cassino; cimitero di guerra di Roma.
I Sikh hanno svolto un ruolo pionieristico nella lotta per l’indipendenza dell’India. Hanno fatto sacrifici del tutto sproporzionati rispetto alla loro forza demografica (i Sikh costituiscono meno del 2% della popolazione indiana).
Gurudwara (Tempio Sikh)
Il tempio Sikh è chiamato Gurudwara (abitazione del Maestro). In ognuno di essi è insediato nella sala principale, che è usata per la preghiera e per il servizio quotidiano, il volume della Sacra Scrittura Sikh, Guru Granth Sahib Ji.
Il Gurudwara è aperto a tutti ed ognuno, indipendentemente da casta, credo, cultura o nazionalità, può visitarlo. Prima di entrare in un Gurudwara ci si devono togliere le scarpe e coprirsi la testa. Appena entrati nella sala principale, ci si avvicina al Libro Sacro e ci si inchina di fronte ad esso in segno di riverenza e poi ci si va a sedere insieme a tutti gli altri.
Ogni Sikh, sia uomo sia donna, può leggere la preghiera o compiere i servizi liturgici. I servizi cominciano col canto degli inni sacri con accompagnamento di strumenti musicali. In speciali occasioni il canto è intercalato da letture di poemi o altre composizioni che esaltano eventi particolari della storia Sikh. I servizi si concludono con l’Ardaas (preghiera di supplica) – la preghiera che invoca la benedizione di Dio per la pace, prosperità e protezione di tutta l’umanità.
Dopo le preghiere, viene letto l’Hukumnama Sahib (ordine del giorno) preso dal Testo Sacro, che indica il messaggio del Guru per la comunità Sikh per quel giorno, e poi viene distribuito alla congregazione il “Karah-Parshad”, un dolce budino di semolino, fatto di burro, farina, zucchero ed acqua.
Presso ogni Gurudwara si innalza il “Nishan Sahib” una bandiera di color arancione con su il disegno del Khanda - la spada a doppio taglio, che simboleggia la combinazione del potere temporale e di quello spirituale nel modo di vivere Sikh. Ogni città o cittadina, è fornita di tanti Gurudwara, quanti si considera che siano loro necessari. Tutti hanno la stessa santità, anche se alcuni, oltre ad essere luoghi di preghiera, hanno anche importanza storica. I cinque Gurudwara più importanti sono conosciuti come “Takhat”, cioè troni o sedi d’autorità. Essi sono: Takhat Patna Sahib che si trova nella regione indiana del Bihar; Takhat Kesgarh Sahib ad Anandpur Sahib, città della regione Punjab; Takhat Damdama Sahib a Talwandi-Sabbo, anch’essa nel Punjab; Takhat Hazur Sahib a Nanderd, città della regione del Maharashtra; Takhat Sri Akal Takhat Sahib in Amritsar, la città santa dei Sikh che si trova nella regione del Punjab.
Nel Sikhismo non c’è una classe sacerdotale. Tuttavia, colui che compie il servizio divino quotidiano è chiamato Granthi (curatore del Libro Sacro); coloro che cantano gli inni sono chiamati Raagi e il canto medesimo è detto “Kirtan”, cioè lode del signore.
Sangat e Pangat (Congregazione e Mensa della Comunità)
I due aspetti più importanti di un Gurudwara sono il Sangat ovvero la congregazione e il Pangat ovvero la mensa della comunità.
La parola Sangat deriva dal termine sanscrito "sangti", che significa congregazione, fratellanza, società. Questa congregazione viene anche chiamata Sat-Sangat, che significa “Vera compagnia”, e Sadh-Sangat, cioè “congregazione Santa”. Nel vocabolario Sikh, il termine sangat ha una connotazione particolare: indica persone che si incontrano religiosamente ad agire e praticare, per promuovere il proprio cammino spirituale, in presenza del Guru Granth Sahib Ji.
La mensa della comunità è anche conosciuta come “Guru-ka-Langar”, o semplicemente Langar. Questa ha lo scopo di fornire cibo gratuito a tutti, sia nei Gurudwara sia durante manifestazioni religiose o programmi all’aperto. Questa tradizione fu iniziata da Guru Nanak, il quale sfamò un gruppo di asceti che erano senza cibo da parecchi giorni, e successivamente consolidata dal secondo Guru Sikh, Guru Angad Dev Ji. Il Langar sostiene il principio di uguaglianza tra tutti i popoli del mondo, indipendentemente dalla religione, casta, colore, età, sesso o stato sociale. È qui che, sia l’alto che il basso, il ricco e il povero, il colto e l’ignorante, re e straccioni, condividono lo stesso cibo seduti insieme allo stesso livello lungo la stessa fila. Questa mensa è mantenuta dal contributo comune versato da tutti i Sikh. L’istituto del Langar è uno dei mezzi più efficaci per creare uguaglianza sociale in tutto il genere umano.
Gurbani (La Parola del Guru)
Gurbani significa Parola del Guru. È un messaggio melodico - come sancito dal Guru Granth Sahib Ji, che è la Parola Divina. Dio ha rivelato la Bani attraverso il Guru che lo condurrà, in definitiva alla sua fonte. La Bani è il Guru e il Guru è la Bani. Una persona che espone o spiega la Bani non è allo stesso livello di un Guru, può essere un insegnante o un semplice missionario.
Gli Shabad, inni sacri, presenti nel Guru Granth Sahib Ji sono stati scritti in base alle diverse fasi di sviluppo spirituale. Per esempio, in un inno sacro, Guru Nanak dice che con uno sforzo individuale, è possibile incontrare Dio, mentre in un altro inno dice che austerità e meditazione non servono a nulla senza la Grazia del Signore. Con la comprensione e la pazienza, è possibile conciliare le cosiddette contraddizioni. In questo caso, la preghiera all’inizio è dovuta ad uno sforzo personale, ma in seguito, si può osservare che questo sforzo è assistito da Dio. Senza il suo ordine - Hukam - è impossibile per un uomo fare qualsiasi cosa. Lo sforzo di per sé produce solo egoismo e frustrazione. L’umiltà è essenziale per l’ottenimento della Grazia Divina.
La lettura della Gurbani richiede concentrazione, comprensione e cuore. Il devoto deve meditare sul messaggio della Gurbani. Solo questo può aiutarlo a liberare la mente dai cattivi pensieri e purificare la sua anima. La presenza della Gurbani per la coscienza interiore è essenziale. Guru Nanak Dev Ji dice "fate una barca del sacro nome, poi con i remi della fede, attraversate l’oceano dell’illusione”.
Guru Arjun Dev Ji, quinto Guru, compilò l’Adi Granth, il primo volume dell’attuale Guru Granth Sahib Ji, che conteneva gli inni sacri dei primi cinque Guru e pensieri e parole di santi musulmani e santi indù rendendolo l’unico Testo Sacro al mondo che contiene parole di persone di altre religioni e sottolineando il principio di uguaglianza e fratellanza alla base del Sikhismo. Successivamente il decimo Maestro, Guru Gobind Singh inserì gli inni del Nono Maestro, Guru Tegbahadur compilando così la versione finale (e attuale) del Guru Granth Sahib Ji. Quando Guru Gobind Singh decise di lasciare la vita terrena, conferì il trono di Guru al Guru Granth Sahib Ji.
Gatka (Arte Marziale Sikh)
La diffusione di questa arte marziale tra i Sikh avvenne ai tempi del 6° Guru, Guru Hargobind Sahib. La popolazione Sikh, minacciata di genocidio dall’impero Moghul, assunse un carattere “guerriero” per difendere la propria sopravvivenza. Combattendo e utilizzando le antiche tecniche del Kalari Payat, trasformandole via via in un nuovo e originale sistema d’armi chiamato “Gatka”, la Grazia.
Guru Gobind Singh Ji, decimo Guru, promosse lo studio delle arti marziali tra i Sikh e spronò nell’allenamento del Gatka tutti i Sikh: uomini, donne e bambini. La disciplina del Gatka venne insegnata come un vero e proprio esercizio spirituale.
Il binomio Santo-Soldato caratterizzava in modo appropriato il guerriero appartenente alla comunità Khalsa.
Il Gatka, rappresenta anche una disciplina in grado di dare al praticante degli strumenti che utilizzerà per raggiungere un equilibrio psico-fisico. Attraverso i movimenti e le tecniche del Gatka, l’allievo è in grado di pervenire ad un equilibrio della Mente Negativa e della Mente Positiva, favorendo così il bilanciamento della Mente Neutra.
Con la ripetizione di precisi schemi di movimento, in un determinato stato di coscienza, il discepolo può allargare il proprio spazio personale, espandere i propri confini e le proprie opportunità, in senso fisico, mentale, emotivo e sociale.
Il Gatka non nacque solo per combattere il “nemico fuori” ma insegna anche a confrontarsi con il “nemico dentro di noi”, l’inconscio, che se inesplorato può divenire pericoloso, ma conosciuto, può essere gestito e divenire fonte di forza.
Lo strumento principale di questa arte marziale è la spada, ma vengono utilizzate tutte le armi e lo si pratica anche a mani nude.
La spada nel Gatka viene usata secondo il movimento del moto infinito, basato sulla forma dell’otto ripiegato. Questo movimento permette di cambiare i piani di attacco e difesa, senza mai interrompere il moto della spada. Si viene così a generare una sorta di sfera intorno al guerriero in cui esso è libero di cambiare obiettivo o funzione. In questo modo il praticante sarà anche libero di usare tutte e due le braccia, muovendosi insieme alla sfera che lo circonda e lo protegge, in tutte le direzioni del piano. Il controllo dello spazio interno ed esterno, e l’utilizzo di tutte le armi, permette al perticante di affrontare più avversari contemporaneamente, creando un sistema di difesa a 360°.
Vita quotidiana di un Sikh
Ogni Sikh dovrebbe alzarsi la mattina prime dell’alba. Dopo aver fatto il bagno, dovrebbe meditare sul nome di Dio.
“Alzati presto e medita sul nome, si, trattieniti sul Signore notte e giorno, allora non soffrirai alcun dolore e tutte le tue preoccupazioni svaniranno” (Guru Granth Sahib Ji, p.255).
Ogni giorno vengono recitate le seguenti preghiere:
Alla mattina: Japji Sahib, Jaap Sahib, Tavparsad Swayie, Chaupai Sahib ed Anand Sahib
Alla sera: Rehraas Sahib
Di notte, prima di dormire: Sohila Sahib
Ogni Sikh dovrebbe, dove possibile, andare al Gurudwara – tempio Sikh – ogni giorno, come parte della routine quotidiana.
Rehat Maryada (Codice di condotta Sikh)
Il codice di condotta Sikh conosciuto come Rehat Maryada, è basato sugli insegnamenti del Guru Granth Sahib Ji e sulle tradizioni e convenzioni Sikh. Queste regole intendono dare indicazioni per eseguire le cerimonie religiose e per rinforzare la disciplina della fede in maniera uniforme in tutto il mondo. Nessun individuo o nessuna organizzazione, per quanto importante possa essere, ha il diritto di emendare queste regole o di forgiarne di nuove. Tale potere appartiene al Panth, cioè alla comunità tutta intera, che agisce attraverso i Cinque Beniamini (Panj Pyare). Qualsiasi regola che cerchi di sopraffare gli insegnamenti di base della fede è “ultra vires”, al di là degli uomini.
È proibito l’uso di qualsiasi tipo di sostanze intossicanti, come alcol, tabacco e derivati e il mangiare qualsiasi tipo di carne. L’adulterio è considerato peccato; un Sikh deve considerare la moglie di un altro uomo alla stregua di sorella o madre, e la figlia di un altro come sua. La stessa regola è applicata anche alle donne.
Cerimonie Sikh
Le cerimonie più importanti per i Sikh sono quelle associate alla nascita, all’Amrit (battesimo), all’Anand Karj (matrimonio) e ai riti funerali.
Non ci sono rituali specifici per queste cerimonie; il loro unico aspetto è la recitazione dei Shabad, inni sacri, dal Guru Granth Sahib Ji.
Presso i Sikh i morti vengono cremati e le loro ceneri vengono gettate i un corso d’acqua o nel fiume più vicino. Nessuna santità è attribuita a fiumi particolari ed è inoltre proibito erigere monumenti sui resti di un morto.
Tutte queste cerimonie, qualunque sia il loro scopo immediato, hanno un unico obiettivo comune, cioè di ricordare la relazione con Dio. Esse sono concepite come mezzi verso un fine determinato, cioè l’unione dell’anima con il Signore.
Nascita di una bambina/o
Alla nascita di un neonato, i genitori si recano in un Gurudwara e qui il Granthi, curatore del Libro Sacro, recita la preghiera di supplica (Ardaas) e aprendo una pagina casuale del Guru Granth Sahib Ji, inizia la lettura dell’inno sacro che si trova nella parte superiore della pagina alla sua sinistra. La prima lettera della prima parola di tale Hukamnama, ordine divino, sarà l’iniziale del nome da assegnare al bambino. Il nome può essere scelto nel momento stesso oppure in un momento successivo.
Amrit (Battesimo Sikh)
Il rito del battesimo, chiamato Amrit, è considerato quello più sacro perché crea l’unione tra devoto e Maestro. Nel Sikhismo il battesimo viene scelto dalla persona: quando essa si sente pronta, ha il diritto di essere battezzata, e non vi è alcun limite d’età per tale rito. Qualsiasi persona, senza restrizioni di sesso, religione, nazionalità, può farsi battezzare ed entrare a far parte del Khalsa, comunità Sikh, ma ha il dovere di mantenere i principi della fede e seguire il Rehat Maryada, codice di condotta, prescritto dai Guru. Una volta battezzato, il devoto deve portare sempre con sé le Cinque K: kesh, kangha, kara, kirpan e kachera.
Oltre a curare l’uniforme esteriore, un Sikh deve mantenere pace e ordine anche interiormente e per questo viene aiutato dalla Gurbani, Parola del Guru, che guida il devoto a trovare l’equilibrio e vivere una vita serena e armoniosa.
Anand Karj (Matrimonio Sikh)
Secondo la religione Sikh, il legame matrimoniale è un sacramento – un’unione santa e non un contratto.
“Non sono moglie e marito coloro che soltanto si siedono vicini; invece lo sono coloro che hanno un solo e unico spirito comune in loro” (Guru Granth Sahib Ji, p.788).
Il Sikhismo non crede nel celibato. La condizione matrimoniale e la vita di famiglia è considerata onorevole, naturale e addirittura ideale.
“Oh mio spirito, mantieni distaccato anche nella vita famigliare, se tu pratichi la verità, trattieni il tuo desiderio e fai buone opere, il tuo spirito sarà illuminato dalla grazia del Guru” (Guru Granth Sahib Ji p.26)
Il matrimonio della coppia Sikh è solennizzato dalla circumambulazione del Guru Granth Sahib Ji per quattro volte. Ogni volta un Shabad (inno sacro) diverso, viene recitato dal prete Sikh che officia nella cerimonia. Il prete, quindi, raccomanda alla coppia di modellare la loro relazione coniugale sul modello prescritto in questi quattro Shabad. La stessa cerimonia, senza cambiamenti, è eseguita per il nuovo matrimonio di una vedova o di un vedovo.
Festività Sikh
I Sikh celebrano i seguenti giorni festivi:
Gli anniversari di apparizione e ascesa al cielo dei dieci Guru;
Il giorno della prima pubblicazione e dell’insediamento del Testo Sacro come guida spirituale;
Il Vaisakhi, giorno della istituzione del Khalsa, comunità Sikh;
I giorni del martirio di quei Sikh che si sono distinti sacrificandosi per la religione o in difesa degli oppressi;
I giorni connessi con eventi importanti della storia dei Sikh.
Il Sikhismo è una delle cinque maggiori religioni nel mondo e una tra le più recenti, con fedeli sparsi in tutto il globo, ma con concentrazione particolare nel Punjab, stato dell’India settentrionale, dove nacque nel 15° secolo.
Il Sikhismo è una religione pratica, una fede di speranza ed ottimismo. I suoi ideali formano una larga parte degli elementi più progressivi dell’umanità di oggi. Mostra al genere umano come condurre una vita valida e utile nel mondo, e questo la eleva allo stato di fede del mondo universale. Le credenze fondamentali comprendono la fede e la meditazione sul nome del Creatore, l'unità di tutto il genere umano, l’impegno in servizi di volontariato, la lotta per la giustizia sociale per il beneficio e la prosperità di tutti, e la condotta di una vita onesta.
Il termine Sikh significa “allievo”. Sikh è colui che crede in un unico Dio e negli insegnamenti dei Dieci Guru (Maestro), raccolti nello Sri Guru Granth Sahib Ji, la Sacra Scrittura dei Sikh.
Breve storia del Sikhismo
La religione Sikh è stata fondata da Guru Nanak, apparso sulla terra nel 1469 nel villaggio chiamato Talwandi, oggi conosciuto col nome di Nankana Sahib, nella provincia del Lahore, ora nel Pakistan. Fin dall’infanzia la sua mente acuta si è sempre rifiutata di accettare i riti senza fondamento, le superstizioni e i dogmi che a quel tempo venivano spacciati per religione.
Guru Nanak, e i Nove Guru che gli sono succeduti, hanno dato un magnifico esempio di spiritualità viva, pur tuttavia prendendo parte nelle attività del mondo secolare.
Il Decimo Guru (ed ultima figura umana come Guru), Guru Gobind Singh Ji inizializzò i Sikh alla cerimonia dell’Amrit (battesimo) nel 1699, donando loro un’identità caratteristica. I primi Cinque Sikh battezzati vennero chiamati Panj Pyare (Cinque Beniamini). Costoro, a loro volta, battezzarono il Guru stesso a sua richiesta – un avvenimento inedito nella storia. Poco prima di lasciare la vita terrena, Guru Gobind Singh Ji ordinò ai suoi discepoli di considerare il Guru Granth Sahib Ji, la Sacra Scrittura, come la suprema autorità spirituale ed investì il Panth Khalsa (Comunità Sikh) dell’autorità temporale.
Durante il XVII secolo, i Sikh furono soggetti a varie persecuzioni e soppressioni da parte delle autorità Moghul, che furono motivate come reazione al fanatismo di codesta religione. I Sikh dovettero fare enormi, supremi, sacrifici per proteggere e preservare la loro fede ed anche la propria identità caratteristica.
Quando l’impero Moghul era sull’orlo della disintegrazione e gli Afghani avevano cominciato ad invadere il paese guidati da Ahmed Shah Abdali, i Sikh ne approfittarono per stabilire il proprio regno, che venne realizzato da Maharaja (Grande Re) Ranjit Singh. L’Impero Sikh durò mezzo secolo fino a poi cadere nelle mani degli inglesi dopo la morte del Maharaja.
Durante la lotta per la liberazione dell’India, un gran numero di Sikh sacrificò la propria vita, affrontando con coraggio ogni sorta di brutalità, ed ha sofferto lunghi periodi di prigionia per liberare il paese. Benché i Sikh siano meno del due per cento della popolazione indiana, hanno costituito una grande percentuale dei sacrifici per la liberazione dell’India.
Religione e filosofia Sikh
La religione Sikh è strettamente monoteistica, poiché crede in un solo Dio Supremo. Egli è Assoluto, è l’Eterno, il Creatore, la Causa delle cause, senza inimicizia, senza odio, immanente alla sua creazione e contemporaneamente al di là di essa. Non è più solo il Dio di una nazione, ma il Dio della Grazia.
Ammesso tutto questo, Egli creò l’uomo per la realizzazione del suo obiettivo nel cosmo.
“Oh mio spirito, tu sei l’incarnazione della Luce: conosci la tua essenza” (Guru Nanak Dev Ji)
“Oh mio spirito, il Signore è sempre con te, tramite la parola del Guru, godi il Suo amore; conoscendo la tua essenza, tu conosci il tuo Signore e così conosci il mistero della nascita e della morte” (Guru Granth Sahib Ji, p.441)
Il postulato fondamentale del Sikhismo è che la vita è stata emanata da una pura Sorgente; la Vera Unità risiede in essa. Non solo l’intera filosofia Sikh, ma il suo intero carattere e la sua storia derivano da questo principio.
I Sikh non riconoscono il sistema delle caste, e neppure credono nel culto degli idoli, nei riti e nelle superstizioni. Dei e Dee sono considerate “non-entità”.
Questa religione consiste nel vivere pratico, nel servire l’umanità e nel generare tolleranza e amore fraterno verso tutti. I Guru Sikh non appoggiano il ritiro dal mondo come mezzo per raggiungere la salvezza, che può essere ottenuta da chiunque si guadagni onestamente il pane e conduca una vita normale.
“Solamente conosce il Cammino, o Nanak, colui che guadagna il suo con il sudore della fronte e poi lo condivide con gli altri” (Guru Granth Sahib Ji, p.1245)
Ricchezza e possesso personale non sono ostacolo per vivere all’altezza degli ideali spirituali: “coloro che sono in armonia col Signore, attraverso la Grazia del Guru, arrivano a Lui anche nel bel mezzo della ricchezza” (Guru Granth Sahib Ji, p.921)
Identità caratteristica dei Sikh
Un Sikh ha una propria identità caratteristica, distintiva. Quello che lo distingue dagli altri è rappresentato da cinque simboli, popolarmente conosciuti come le Cinque K, perché la prima lettera di ogni parola indicante questi simboli è appunto K. I simboli sono i seguenti: Kesh (capelli lunghi, da non tagliare più), Kanga (piccolo pettine di legno), Kara (braccialetto di ferro), Kachera (particolare tipo di sottoveste, biancheria intima) e Kirpan (pugnale sacro).
Le persone che indossano un’uniforme e che sono dotate di un aspetto disciplinato, sono maggiormente atta ad ottenere unità di propositi e ad acquisire un senso reale di fratellanza. Un Sikh senza questi simboli non è nessuno.
Oltre alle Cinque K un altro simbolo che identifica un Sikh è il turbante. Esso è l’emblema del Sikhismo. Per i Sikh il turbante è sacro e non è considerato come un cappello o copricapo qualsiasi. I Guru hanno istruito tutti i Sikh a mettere il turbante ed hanno sacrificato la loro vita per proteggere questo onore. Il turbante è lì a ricordarci della nostra connessione a Dio. Contestualizza noi come devoti di Dio e ci dà un modo per vivere in segno di gratitudine per questo dono di riconoscimento.
Ruolo della donna nella società Sikh
La donna è considerata una parte significativa della comunità. Riceve il più grande rispetto e considerazione per il suo ruolo nella famiglia e nella società. Tra i Sikh non esiste l’usanza della “sati”, immolazione della vedova sulla pira del defunto marito. La vedova ha invece il diritto di risposarsi se lo desidera.
Si considera che la donna abbia la stessa anima dell’uomo e quindi che abbia gli stessi diritti ad una crescita spirituale, di partecipare alle congregazioni religiose e di recitare gli inni sacri nei templi Sikh. Può anche essere scelta per partecipare a tutte le funzioni religiose, incluso il battesimo, e perfino celebrarle.
La dote, complesso di beni che, al momento delle nozze, la donna, o chi per lei, apportava al marito per contribuire alle spese ed agli oneri patrimoniali derivanti dal matrimonio, non è permessa. Indossare vesti che espongono il corpo e che fanno nascere cattivi pensieri è considerato disdicevole.
Contributo dei Sikh nel mondo
In Europa pochi conoscono quanto sia antica la tradizione guerriera, comunque intesa in senso spirituale, tipica del popolo Sikh, che ha dovuto fin dall’inizio difendere la propria libertà e la propria identità.
La prima pietra di questa spiritualità marziale fu posta da Guru Hargobind Sahib, sesto Guru dei Sikh, che favorì la diffusione degli ideali di coraggio e di spirito marziale tra i Sikh in seguito al martirio di Guru Arjan Dev Ji, avvenuto a Lahore nel 1606. Per primo, infatti, stabilì il concetto di “Miri e Piri”, la dottrina che unisce l’etica del santo con quella del soldato, e diede così origine a una nuova discendenza spirituale, il Khalsa – fondato dal decimo Maestro, Guru Gobind Singh Ji nel 1699.
I Sikh, dunque, combatterono vittoriosamente contro i Moghul riuscendo definitivamente a instaurare il “Khalsa Raj” (regno del Khalsa) dal 1800 al 1849, sotto il comando del Maharaja Ranjit Singh. Tuttavia, alla morte del Maharaja il dominio Sikh cadde nelle mani degli inglesi.
Rendendosi conto del fatto che i Sikh erano guerrieri coraggiosi e tra i migliori combattenti, le forze imperiali Inglesi li reclutarono in gran numero. I contadini del Panjab, intrepidi per natura, accettarono di arruolarsi nell’esercito britannico.
Fin dal principio i Sikh sono stati imposti dai loro Guru ad affrontare l’ingiustizia sociale, come parte integrante della loro esperienza spirituale e del loro progresso. I Khalsa non furono mai soldati bellici o mercenari; essere un santo soldato faceva parte della loro formazione spirituale e come il difensore della libertà religiosa per tutte le fedi.
Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, migliaia di Indiani, in particolare i Sikh, furono schierati in Europa, in Medio Oriente, in Asia e in Africa a combattere per le Forze Alleate. Lontani dalla madrepatria, essi si scontrarono valorosamente in tutte le zone d’Europa e in molti altri luoghi per una causa che non era la loro.
Una documentazione fornita dal Commonwealth War Graves Commission, testimonia che 80.482 soldati anglo-indiani furono uccisi nei campi di battaglia Europei e in altri luoghi. Anche nella Seconda Guerra Mondiale i Sikh si sono resi protagonisti di gesta eroiche su quasi tutti i fronti di guerra dalla Francia ai Balcani, dal Nord Africa alla Birmania. Questo valore è testimoniato dall’elevato numero di caduti angloindiani, pari a 89.218.
Secondo il Commonwealth War Graves Commission, sono 5727 i soldati indiani morti sul territorio italiano durante la Seconda Guerra Mondiale. Le perdite totale tra morti, feriti e dispersi furono 312.000, e fra questi, 42.000 caduti appartenevano alle forze del Commonwealth in Italia.
Ci sono diversi cimiteri di guerra che testimoniano il contributo dei Sikh durante le due guerre mondiali in Italia: cimitero di guerra di Bari; cimitero di guerra di Salerno; Cimitero di guerra di Napoli; cimitero di guerra di Caserta; cimitero di guerra di Minturno; cimitero di guerra sul Fiume Sangro; cimitero di guerra sul Fiume Moro; cimitero di guerra di Forlì; cimitero di guerra di Anzio; cimitero di guerra di Cassino; cimitero di guerra di Roma.
I Sikh hanno svolto un ruolo pionieristico nella lotta per l’indipendenza dell’India. Hanno fatto sacrifici del tutto sproporzionati rispetto alla loro forza demografica (i Sikh costituiscono meno del 2% della popolazione indiana).
Gurudwara (Tempio Sikh)
Il tempio Sikh è chiamato Gurudwara (abitazione del Maestro). In ognuno di essi è insediato nella sala principale, che è usata per la preghiera e per il servizio quotidiano, il volume della Sacra Scrittura Sikh, Guru Granth Sahib Ji.
Il Gurudwara è aperto a tutti ed ognuno, indipendentemente da casta, credo, cultura o nazionalità, può visitarlo. Prima di entrare in un Gurudwara ci si devono togliere le scarpe e coprirsi la testa. Appena entrati nella sala principale, ci si avvicina al Libro Sacro e ci si inchina di fronte ad esso in segno di riverenza e poi ci si va a sedere insieme a tutti gli altri.
Ogni Sikh, sia uomo sia donna, può leggere la preghiera o compiere i servizi liturgici. I servizi cominciano col canto degli inni sacri con accompagnamento di strumenti musicali. In speciali occasioni il canto è intercalato da letture di poemi o altre composizioni che esaltano eventi particolari della storia Sikh. I servizi si concludono con l’Ardaas (preghiera di supplica) – la preghiera che invoca la benedizione di Dio per la pace, prosperità e protezione di tutta l’umanità.
Dopo le preghiere, viene letto l’Hukumnama Sahib (ordine del giorno) preso dal Testo Sacro, che indica il messaggio del Guru per la comunità Sikh per quel giorno, e poi viene distribuito alla congregazione il “Karah-Parshad”, un dolce budino di semolino, fatto di burro, farina, zucchero ed acqua.
Presso ogni Gurudwara si innalza il “Nishan Sahib” una bandiera di color arancione con su il disegno del Khanda - la spada a doppio taglio, che simboleggia la combinazione del potere temporale e di quello spirituale nel modo di vivere Sikh. Ogni città o cittadina, è fornita di tanti Gurudwara, quanti si considera che siano loro necessari. Tutti hanno la stessa santità, anche se alcuni, oltre ad essere luoghi di preghiera, hanno anche importanza storica. I cinque Gurudwara più importanti sono conosciuti come “Takhat”, cioè troni o sedi d’autorità. Essi sono: Takhat Patna Sahib che si trova nella regione indiana del Bihar; Takhat Kesgarh Sahib ad Anandpur Sahib, città della regione Punjab; Takhat Damdama Sahib a Talwandi-Sabbo, anch’essa nel Punjab; Takhat Hazur Sahib a Nanderd, città della regione del Maharashtra; Takhat Sri Akal Takhat Sahib in Amritsar, la città santa dei Sikh che si trova nella regione del Punjab.
Nel Sikhismo non c’è una classe sacerdotale. Tuttavia, colui che compie il servizio divino quotidiano è chiamato Granthi (curatore del Libro Sacro); coloro che cantano gli inni sono chiamati Raagi e il canto medesimo è detto “Kirtan”, cioè lode del signore.
Sangat e Pangat (Congregazione e Mensa della Comunità)
I due aspetti più importanti di un Gurudwara sono il Sangat ovvero la congregazione e il Pangat ovvero la mensa della comunità.
La parola Sangat deriva dal termine sanscrito "sangti", che significa congregazione, fratellanza, società. Questa congregazione viene anche chiamata Sat-Sangat, che significa “Vera compagnia”, e Sadh-Sangat, cioè “congregazione Santa”. Nel vocabolario Sikh, il termine sangat ha una connotazione particolare: indica persone che si incontrano religiosamente ad agire e praticare, per promuovere il proprio cammino spirituale, in presenza del Guru Granth Sahib Ji.
La mensa della comunità è anche conosciuta come “Guru-ka-Langar”, o semplicemente Langar. Questa ha lo scopo di fornire cibo gratuito a tutti, sia nei Gurudwara sia durante manifestazioni religiose o programmi all’aperto. Questa tradizione fu iniziata da Guru Nanak, il quale sfamò un gruppo di asceti che erano senza cibo da parecchi giorni, e successivamente consolidata dal secondo Guru Sikh, Guru Angad Dev Ji. Il Langar sostiene il principio di uguaglianza tra tutti i popoli del mondo, indipendentemente dalla religione, casta, colore, età, sesso o stato sociale. È qui che, sia l’alto che il basso, il ricco e il povero, il colto e l’ignorante, re e straccioni, condividono lo stesso cibo seduti insieme allo stesso livello lungo la stessa fila. Questa mensa è mantenuta dal contributo comune versato da tutti i Sikh. L’istituto del Langar è uno dei mezzi più efficaci per creare uguaglianza sociale in tutto il genere umano.
Gurbani (La Parola del Guru)
Gurbani significa Parola del Guru. È un messaggio melodico - come sancito dal Guru Granth Sahib Ji, che è la Parola Divina. Dio ha rivelato la Bani attraverso il Guru che lo condurrà, in definitiva alla sua fonte. La Bani è il Guru e il Guru è la Bani. Una persona che espone o spiega la Bani non è allo stesso livello di un Guru, può essere un insegnante o un semplice missionario.
Gli Shabad, inni sacri, presenti nel Guru Granth Sahib Ji sono stati scritti in base alle diverse fasi di sviluppo spirituale. Per esempio, in un inno sacro, Guru Nanak dice che con uno sforzo individuale, è possibile incontrare Dio, mentre in un altro inno dice che austerità e meditazione non servono a nulla senza la Grazia del Signore. Con la comprensione e la pazienza, è possibile conciliare le cosiddette contraddizioni. In questo caso, la preghiera all’inizio è dovuta ad uno sforzo personale, ma in seguito, si può osservare che questo sforzo è assistito da Dio. Senza il suo ordine - Hukam - è impossibile per un uomo fare qualsiasi cosa. Lo sforzo di per sé produce solo egoismo e frustrazione. L’umiltà è essenziale per l’ottenimento della Grazia Divina.
La lettura della Gurbani richiede concentrazione, comprensione e cuore. Il devoto deve meditare sul messaggio della Gurbani. Solo questo può aiutarlo a liberare la mente dai cattivi pensieri e purificare la sua anima. La presenza della Gurbani per la coscienza interiore è essenziale. Guru Nanak Dev Ji dice "fate una barca del sacro nome, poi con i remi della fede, attraversate l’oceano dell’illusione”.
Guru Arjun Dev Ji, quinto Guru, compilò l’Adi Granth, il primo volume dell’attuale Guru Granth Sahib Ji, che conteneva gli inni sacri dei primi cinque Guru e pensieri e parole di santi musulmani e santi indù rendendolo l’unico Testo Sacro al mondo che contiene parole di persone di altre religioni e sottolineando il principio di uguaglianza e fratellanza alla base del Sikhismo. Successivamente il decimo Maestro, Guru Gobind Singh inserì gli inni del Nono Maestro, Guru Tegbahadur compilando così la versione finale (e attuale) del Guru Granth Sahib Ji. Quando Guru Gobind Singh decise di lasciare la vita terrena, conferì il trono di Guru al Guru Granth Sahib Ji.
Gatka (Arte Marziale Sikh)
La diffusione di questa arte marziale tra i Sikh avvenne ai tempi del 6° Guru, Guru Hargobind Sahib. La popolazione Sikh, minacciata di genocidio dall’impero Moghul, assunse un carattere “guerriero” per difendere la propria sopravvivenza. Combattendo e utilizzando le antiche tecniche del Kalari Payat, trasformandole via via in un nuovo e originale sistema d’armi chiamato “Gatka”, la Grazia.
Guru Gobind Singh Ji, decimo Guru, promosse lo studio delle arti marziali tra i Sikh e spronò nell’allenamento del Gatka tutti i Sikh: uomini, donne e bambini. La disciplina del Gatka venne insegnata come un vero e proprio esercizio spirituale.
Il binomio Santo-Soldato caratterizzava in modo appropriato il guerriero appartenente alla comunità Khalsa.
Il Gatka, rappresenta anche una disciplina in grado di dare al praticante degli strumenti che utilizzerà per raggiungere un equilibrio psico-fisico. Attraverso i movimenti e le tecniche del Gatka, l’allievo è in grado di pervenire ad un equilibrio della Mente Negativa e della Mente Positiva, favorendo così il bilanciamento della Mente Neutra.
Con la ripetizione di precisi schemi di movimento, in un determinato stato di coscienza, il discepolo può allargare il proprio spazio personale, espandere i propri confini e le proprie opportunità, in senso fisico, mentale, emotivo e sociale.
Il Gatka non nacque solo per combattere il “nemico fuori” ma insegna anche a confrontarsi con il “nemico dentro di noi”, l’inconscio, che se inesplorato può divenire pericoloso, ma conosciuto, può essere gestito e divenire fonte di forza.
Lo strumento principale di questa arte marziale è la spada, ma vengono utilizzate tutte le armi e lo si pratica anche a mani nude.
La spada nel Gatka viene usata secondo il movimento del moto infinito, basato sulla forma dell’otto ripiegato. Questo movimento permette di cambiare i piani di attacco e difesa, senza mai interrompere il moto della spada. Si viene così a generare una sorta di sfera intorno al guerriero in cui esso è libero di cambiare obiettivo o funzione. In questo modo il praticante sarà anche libero di usare tutte e due le braccia, muovendosi insieme alla sfera che lo circonda e lo protegge, in tutte le direzioni del piano. Il controllo dello spazio interno ed esterno, e l’utilizzo di tutte le armi, permette al perticante di affrontare più avversari contemporaneamente, creando un sistema di difesa a 360°.
Vita quotidiana di un Sikh
Ogni Sikh dovrebbe alzarsi la mattina prime dell’alba. Dopo aver fatto il bagno, dovrebbe meditare sul nome di Dio.
“Alzati presto e medita sul nome, si, trattieniti sul Signore notte e giorno, allora non soffrirai alcun dolore e tutte le tue preoccupazioni svaniranno” (Guru Granth Sahib Ji, p.255).
Ogni giorno vengono recitate le seguenti preghiere:
Alla mattina: Japji Sahib, Jaap Sahib, Tavparsad Swayie, Chaupai Sahib ed Anand Sahib
Alla sera: Rehraas Sahib
Di notte, prima di dormire: Sohila Sahib
Ogni Sikh dovrebbe, dove possibile, andare al Gurudwara – tempio Sikh – ogni giorno, come parte della routine quotidiana.
Rehat Maryada (Codice di condotta Sikh)
Il codice di condotta Sikh conosciuto come Rehat Maryada, è basato sugli insegnamenti del Guru Granth Sahib Ji e sulle tradizioni e convenzioni Sikh. Queste regole intendono dare indicazioni per eseguire le cerimonie religiose e per rinforzare la disciplina della fede in maniera uniforme in tutto il mondo. Nessun individuo o nessuna organizzazione, per quanto importante possa essere, ha il diritto di emendare queste regole o di forgiarne di nuove. Tale potere appartiene al Panth, cioè alla comunità tutta intera, che agisce attraverso i Cinque Beniamini (Panj Pyare). Qualsiasi regola che cerchi di sopraffare gli insegnamenti di base della fede è “ultra vires”, al di là degli uomini.
È proibito l’uso di qualsiasi tipo di sostanze intossicanti, come alcol, tabacco e derivati e il mangiare qualsiasi tipo di carne. L’adulterio è considerato peccato; un Sikh deve considerare la moglie di un altro uomo alla stregua di sorella o madre, e la figlia di un altro come sua. La stessa regola è applicata anche alle donne.
Cerimonie Sikh
Le cerimonie più importanti per i Sikh sono quelle associate alla nascita, all’Amrit (battesimo), all’Anand Karj (matrimonio) e ai riti funerali.
Non ci sono rituali specifici per queste cerimonie; il loro unico aspetto è la recitazione dei Shabad, inni sacri, dal Guru Granth Sahib Ji.
Presso i Sikh i morti vengono cremati e le loro ceneri vengono gettate i un corso d’acqua o nel fiume più vicino. Nessuna santità è attribuita a fiumi particolari ed è inoltre proibito erigere monumenti sui resti di un morto.
Tutte queste cerimonie, qualunque sia il loro scopo immediato, hanno un unico obiettivo comune, cioè di ricordare la relazione con Dio. Esse sono concepite come mezzi verso un fine determinato, cioè l’unione dell’anima con il Signore.
Nascita di una bambina/o
Alla nascita di un neonato, i genitori si recano in un Gurudwara e qui il Granthi, curatore del Libro Sacro, recita la preghiera di supplica (Ardaas) e aprendo una pagina casuale del Guru Granth Sahib Ji, inizia la lettura dell’inno sacro che si trova nella parte superiore della pagina alla sua sinistra. La prima lettera della prima parola di tale Hukamnama, ordine divino, sarà l’iniziale del nome da assegnare al bambino. Il nome può essere scelto nel momento stesso oppure in un momento successivo.
Amrit (Battesimo Sikh)
Il rito del battesimo, chiamato Amrit, è considerato quello più sacro perché crea l’unione tra devoto e Maestro. Nel Sikhismo il battesimo viene scelto dalla persona: quando essa si sente pronta, ha il diritto di essere battezzata, e non vi è alcun limite d’età per tale rito. Qualsiasi persona, senza restrizioni di sesso, religione, nazionalità, può farsi battezzare ed entrare a far parte del Khalsa, comunità Sikh, ma ha il dovere di mantenere i principi della fede e seguire il Rehat Maryada, codice di condotta, prescritto dai Guru. Una volta battezzato, il devoto deve portare sempre con sé le Cinque K: kesh, kangha, kara, kirpan e kachera.
Oltre a curare l’uniforme esteriore, un Sikh deve mantenere pace e ordine anche interiormente e per questo viene aiutato dalla Gurbani, Parola del Guru, che guida il devoto a trovare l’equilibrio e vivere una vita serena e armoniosa.
Anand Karj (Matrimonio Sikh)
Secondo la religione Sikh, il legame matrimoniale è un sacramento – un’unione santa e non un contratto.
“Non sono moglie e marito coloro che soltanto si siedono vicini; invece lo sono coloro che hanno un solo e unico spirito comune in loro” (Guru Granth Sahib Ji, p.788).
Il Sikhismo non crede nel celibato. La condizione matrimoniale e la vita di famiglia è considerata onorevole, naturale e addirittura ideale.
“Oh mio spirito, mantieni distaccato anche nella vita famigliare, se tu pratichi la verità, trattieni il tuo desiderio e fai buone opere, il tuo spirito sarà illuminato dalla grazia del Guru” (Guru Granth Sahib Ji p.26)
Il matrimonio della coppia Sikh è solennizzato dalla circumambulazione del Guru Granth Sahib Ji per quattro volte. Ogni volta un Shabad (inno sacro) diverso, viene recitato dal prete Sikh che officia nella cerimonia. Il prete, quindi, raccomanda alla coppia di modellare la loro relazione coniugale sul modello prescritto in questi quattro Shabad. La stessa cerimonia, senza cambiamenti, è eseguita per il nuovo matrimonio di una vedova o di un vedovo.
Festività Sikh
I Sikh celebrano i seguenti giorni festivi:
Gli anniversari di apparizione e ascesa al cielo dei dieci Guru;
Il giorno della prima pubblicazione e dell’insediamento del Testo Sacro come guida spirituale;
Il Vaisakhi, giorno della istituzione del Khalsa, comunità Sikh;
I giorni del martirio di quei Sikh che si sono distinti sacrificandosi per la religione o in difesa degli oppressi;
I giorni connessi con eventi importanti della storia dei Sikh.