Un rappresentante della comunità indiana racconta la delusione per la sentenza che vieta il pugnale tradizionale e che sarebbe una limitazione alla libertà di culto. «Non ci sono casi registrati in cui un Sikh battezzato abbia usato il kirpan per offesa».«In Inghilterra i Sikh portano liberamente il kirpan. In Canada addirittura ci sono membri del parlamento che sono Sikh battezzati e quindi portano il pugnale con gli altri elementi distintivi della religione, svolgendo tranquillamente il loro lavoro». Jaspreet Singh (il cognome è uguale per tutti), vicepresidente della Sikhi Sewa Society, racconta le esperienze nel resto del mondo per spiegare quanto abbia colpito l’intera comunità la sentenza della Cassazione per cui gli immigrati devono rinunciare ai propri simboli religiosi o culturali se in contrasto con la tutela della sicurezza.
La questione si è posta con l’istanza di un indiano Sikh di Mantova che era stato multato perché aveva nella cintura il kirpan, un coltello di circa 18 centimetri. È accaduto per il pugnale tradizionale, ma poteva essere il velo islamico o l’infibulazione o qualsiasi tradizione contrasti in tutto o in parte con leggi e valori italiani. Come è successo in altri Paesi europei, dalle sentenze per il volto coperto sul posto di lavoro, alla possibilità di indossare il turbante per gli indiani nell’esercito statunitense fino alla polemica burkini in Francia.
«Il kirpan», spiega Jaspreet Singh, «è fondamentale nella nostra religione. È una delle 5 K (hanno tutti questa lettera iniziale), i 5 elementi che un Sikh battezzato deve sempre portare con sé: i kachera, i pantaloni tipici, simbolo di castità; il kes, ovvero il divieto di tagliare i capelli; il kangha, il pettine che è segno di ordine e pulizia; il kara che è un bracciale e infine il kirpan appunto». Il kirpan è considerato un’arma di difesa: nel 1699 il decimo maestro aveva inserito quest’arma come simbolo di autodifesa e difesa dei poveri. Un Sikh doveva essere pronto di fronte a qualsiasi pericolo in quanto figura di santo e soldato.
Il kirpan non lo portano tutti: solo i battezzati e comunque non tutti fanno questa scelta. In Italia su 150mila Sikh un 10% è battezzato e solo questi portano il pugnale discusso nella sentenza. Non la prima sul tema, ma la prima che mette in discussione la possibilità di portare questa arma in giro. «Rispettiamo la sentenza, ma vorremmo sottolineare il fatto che quando nelle guerre mondiali i Sikh sono venuti con l’esercito del Commonwealth inglese a contribuire alla liberazione nessuno ha detto nulla per il turbante e il kirpan».
Mai provato a mettersi a tavolino con lo Stato italiano per fare una regola, magari una nuova legge? «Abbiamo proposto al ministero dell’Interno una riduzione delle dimensioni del kirpan, che non sono fisse, all’interno della pratica per il riconoscimento della religione. Stiamo cercando compromessi per trovare le condizioni per riuscire comunque a portarlo». Non è un’arma di offesa questo è il punto ribadito. «Per assurdo si potrebbe dire che è come il crocefisso da voi. È una cosa sacra. Non ci sono casi registrati al mondo in cui un Sikh battezzato abbia usato il kirpan con scopo offensivo».
https://www.vanityfair.it/news/diritti/2017/05/17/kirpan-sikh-sentenza-cassazione
La questione si è posta con l’istanza di un indiano Sikh di Mantova che era stato multato perché aveva nella cintura il kirpan, un coltello di circa 18 centimetri. È accaduto per il pugnale tradizionale, ma poteva essere il velo islamico o l’infibulazione o qualsiasi tradizione contrasti in tutto o in parte con leggi e valori italiani. Come è successo in altri Paesi europei, dalle sentenze per il volto coperto sul posto di lavoro, alla possibilità di indossare il turbante per gli indiani nell’esercito statunitense fino alla polemica burkini in Francia.
«Il kirpan», spiega Jaspreet Singh, «è fondamentale nella nostra religione. È una delle 5 K (hanno tutti questa lettera iniziale), i 5 elementi che un Sikh battezzato deve sempre portare con sé: i kachera, i pantaloni tipici, simbolo di castità; il kes, ovvero il divieto di tagliare i capelli; il kangha, il pettine che è segno di ordine e pulizia; il kara che è un bracciale e infine il kirpan appunto». Il kirpan è considerato un’arma di difesa: nel 1699 il decimo maestro aveva inserito quest’arma come simbolo di autodifesa e difesa dei poveri. Un Sikh doveva essere pronto di fronte a qualsiasi pericolo in quanto figura di santo e soldato.
Il kirpan non lo portano tutti: solo i battezzati e comunque non tutti fanno questa scelta. In Italia su 150mila Sikh un 10% è battezzato e solo questi portano il pugnale discusso nella sentenza. Non la prima sul tema, ma la prima che mette in discussione la possibilità di portare questa arma in giro. «Rispettiamo la sentenza, ma vorremmo sottolineare il fatto che quando nelle guerre mondiali i Sikh sono venuti con l’esercito del Commonwealth inglese a contribuire alla liberazione nessuno ha detto nulla per il turbante e il kirpan».
Mai provato a mettersi a tavolino con lo Stato italiano per fare una regola, magari una nuova legge? «Abbiamo proposto al ministero dell’Interno una riduzione delle dimensioni del kirpan, che non sono fisse, all’interno della pratica per il riconoscimento della religione. Stiamo cercando compromessi per trovare le condizioni per riuscire comunque a portarlo». Non è un’arma di offesa questo è il punto ribadito. «Per assurdo si potrebbe dire che è come il crocefisso da voi. È una cosa sacra. Non ci sono casi registrati al mondo in cui un Sikh battezzato abbia usato il kirpan con scopo offensivo».
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