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Sikhismo
Il Sikhismo è una delle cinque maggiori religioni nel mondo e una tra le più recenti, con fedeli sparsi in tutto il globo, ma con concentrazione particolare nel Punjab, stato dell’India settentrionale, dove nacque nel 15° secolo.
Il Sikhismo è una religione pratica, una fede di speranza ed ottimismo. I suoi ideali formano una larga parte degli elementi più progressivi dell’umanità di oggi. Mostra al genere umano come condurre una vita valida e utile nel mondo, e questo la eleva allo stato di fede del mondo universale. Le credenze fondamentali comprendono la fede e la meditazione sul nome del Creatore, l'unità di tutto il genere umano, l’impegno in servizi di volontariato, la lotta per la giustizia sociale per il beneficio e la prosperità di tutti, e la condotta di una vita onesta.
Il termine Sikh significa “allievo”. Sikh è colui che crede in un unico Dio e negli insegnamenti dei Dieci Guru (Maestro), raccolti nello Sri Guru Granth Sahib Ji, la Sacra Scrittura dei Sikh.
Breve storia del Sikhismo
La religione Sikh è stata fondata da Guru Nanak, apparso sulla terra nel 1469 nel villaggio chiamato Talwandi, oggi conosciuto col nome di Nankana Sahib, nella provincia del Lahore, ora nel Pakistan. Fin dall’infanzia la sua mente acuta si è sempre rifiutata di accettare i riti senza fondamento, le superstizioni e i dogmi che a quel tempo venivano spacciati per religione.
Guru Nanak, e i Nove Guru che gli sono succeduti, hanno dato un magnifico esempio di spiritualità viva, pur tuttavia prendendo parte nelle attività del mondo secolare.
Il Decimo Guru (ed ultima figura umana come Guru), Guru Gobind Singh Ji inizializzò i Sikh alla cerimonia dell’Amrit (battesimo) nel 1699, donando loro un’identità caratteristica. I primi Cinque Sikh battezzati vennero chiamati Panj Pyare (Cinque Beniamini). Costoro, a loro volta, battezzarono il Guru stesso a sua richiesta – un avvenimento inedito nella storia. Poco prima di lasciare la vita terrena, Guru Gobind Singh Ji ordinò ai suoi discepoli di considerare il Guru Granth Sahib Ji, la Sacra Scrittura, come la suprema autorità spirituale ed investì il Panth Khalsa (Comunità Sikh) dell’autorità temporale.
Durante il XVII secolo, i Sikh furono soggetti a varie persecuzioni e soppressioni da parte delle autorità Moghul, che furono motivate come reazione al fanatismo di codesta religione. I Sikh dovettero fare enormi, supremi, sacrifici per proteggere e preservare la loro fede ed anche la propria identità caratteristica.
Quando l’impero Moghul era sull’orlo della disintegrazione e gli Afghani avevano cominciato ad invadere il paese guidati da Ahmed Shah Abdali, i Sikh ne approfittarono per stabilire il proprio regno, che venne realizzato da Maharaja (Grande Re) Ranjit Singh. L’Impero Sikh durò mezzo secolo fino a poi cadere nelle mani degli inglesi dopo la morte del Maharaja.
Durante la lotta per la liberazione dell’India, un gran numero di Sikh sacrificò la propria vita, affrontando con coraggio ogni sorta di brutalità, ed ha sofferto lunghi periodi di prigionia per liberare il paese. Benché i Sikh siano meno del due per cento della popolazione indiana, hanno costituito una grande percentuale dei sacrifici per la liberazione dell’India.
Religione e filosofia Sikh
La religione Sikh è strettamente monoteistica, poiché crede in un solo Dio Supremo. Egli è Assoluto, è l’Eterno, il Creatore, la Causa delle cause, senza inimicizia, senza odio, immanente alla sua creazione e contemporaneamente al di là di essa. Non è più solo il Dio di una nazione, ma il Dio della Grazia.
Ammesso tutto questo, Egli creò l’uomo per la realizzazione del suo obiettivo nel cosmo.
“Oh mio spirito, tu sei l’incarnazione della Luce: conosci la tua essenza” (Guru Nanak Dev Ji)
“Oh mio spirito, il Signore è sempre con te, tramite la parola del Guru, godi il Suo amore; conoscendo la tua essenza, tu conosci il tuo Signore e così conosci il mistero della nascita e della morte” (Guru Granth Sahib Ji, p.441)
Il postulato fondamentale del Sikhismo è che la vita è stata emanata da una pura Sorgente; la Vera Unità risiede in essa. Non solo l’intera filosofia Sikh, ma il suo intero carattere e la sua storia derivano da questo principio.
I Sikh non riconoscono il sistema delle caste, e neppure credono nel culto degli idoli, nei riti e nelle superstizioni. Dei e Dee sono considerate “non-entità”.
Questa religione consiste nel vivere pratico, nel servire l’umanità e nel generare tolleranza e amore fraterno verso tutti. I Guru Sikh non appoggiano il ritiro dal mondo come mezzo per raggiungere la salvezza, che può essere ottenuta da chiunque si guadagni onestamente il pane e conduca una vita normale.
“Solamente conosce il Cammino, o Nanak, colui che guadagna il suo con il sudore della fronte e poi lo condivide con gli altri” (Guru Granth Sahib Ji, p.1245)
Ricchezza e possesso personale non sono ostacolo per vivere all’altezza degli ideali spirituali: “coloro che sono in armonia col Signore, attraverso la Grazia del Guru, arrivano a Lui anche nel bel mezzo della ricchezza” (Guru Granth Sahib Ji, p.921)
Identità caratteristica dei Sikh
Un Sikh ha una propria identità caratteristica, distintiva. Quello che lo distingue dagli altri è rappresentato da cinque simboli, popolarmente conosciuti come le Cinque K, perché la prima lettera di ogni parola indicante questi simboli è appunto K. I simboli sono i seguenti: Kesh (capelli lunghi, da non tagliare più), Kanga (piccolo pettine di legno), Kara (braccialetto di ferro), Kachera (particolare tipo di sottoveste, biancheria intima) e Kirpan (pugnale sacro).
Le persone che indossano un’uniforme e che sono dotate di un aspetto disciplinato, sono maggiormente atta ad ottenere unità di propositi e ad acquisire un senso reale di fratellanza. Un Sikh senza questi simboli non è nessuno.
Oltre alle Cinque K un altro simbolo che identifica un Sikh è il turbante. Esso è l’emblema del Sikhismo. Per i Sikh il turbante è sacro e non è considerato come un cappello o copricapo qualsiasi. I Guru hanno istruito tutti i Sikh a mettere il turbante ed hanno sacrificato la loro vita per proteggere questo onore. Il turbante è lì a ricordarci della nostra connessione a Dio. Contestualizza noi come devoti di Dio e ci dà un modo per vivere in segno di gratitudine per questo dono di riconoscimento.
Ruolo della donna nella società Sikh
La donna è considerata una parte significativa della comunità. Riceve il più grande rispetto e considerazione per il suo ruolo nella famiglia e nella società. Tra i Sikh non esiste l’usanza della “sati”, immolazione della vedova sulla pira del defunto marito. La vedova ha invece il diritto di risposarsi se lo desidera.
Si considera che la donna abbia la stessa anima dell’uomo e quindi che abbia gli stessi diritti ad una crescita spirituale, di partecipare alle congregazioni religiose e di recitare gli inni sacri nei templi Sikh. Può anche essere scelta per partecipare a tutte le funzioni religiose, incluso il battesimo, e perfino celebrarle.
La dote, complesso di beni che, al momento delle nozze, la donna, o chi per lei, apportava al marito per contribuire alle spese ed agli oneri patrimoniali derivanti dal matrimonio, non è permessa. Indossare vesti che espongono il corpo e che fanno nascere cattivi pensieri è considerato disdicevole.
Contributo dei Sikh nel mondo
In Europa pochi conoscono quanto sia antica la tradizione guerriera, comunque intesa in senso spirituale, tipica del popolo Sikh, che ha dovuto fin dall’inizio difendere la propria libertà e la propria identità.
La prima pietra di questa spiritualità marziale fu posta da Guru Hargobind Sahib, sesto Guru dei Sikh, che favorì la diffusione degli ideali di coraggio e di spirito marziale tra i Sikh in seguito al martirio di Guru Arjan Dev Ji, avvenuto a Lahore nel 1606. Per primo, infatti, stabilì il concetto di “Miri e Piri”, la dottrina che unisce l’etica del santo con quella del soldato, e diede così origine a una nuova discendenza spirituale, il Khalsa – fondato dal decimo Maestro, Guru Gobind Singh Ji nel 1699.
I Sikh, dunque, combatterono vittoriosamente contro i Moghul riuscendo definitivamente a instaurare il “Khalsa Raj” (regno del Khalsa) dal 1800 al 1849, sotto il comando del Maharaja Ranjit Singh. Tuttavia, alla morte del Maharaja il dominio Sikh cadde nelle mani degli inglesi.
Rendendosi conto del fatto che i Sikh erano guerrieri coraggiosi e tra i migliori combattenti, le forze imperiali Inglesi li reclutarono in gran numero. I contadini del Panjab, intrepidi per natura, accettarono di arruolarsi nell’esercito britannico.
Fin dal principio i Sikh sono stati imposti dai loro Guru ad affrontare l’ingiustizia sociale, come parte integrante della loro esperienza spirituale e del loro progresso. I Khalsa non furono mai soldati bellici o mercenari; essere un santo soldato faceva parte della loro formazione spirituale e come il difensore della libertà religiosa per tutte le fedi.
Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, migliaia di Indiani, in particolare i Sikh, furono schierati in Europa, in Medio Oriente, in Asia e in Africa a combattere per le Forze Alleate. Lontani dalla madrepatria, essi si scontrarono valorosamente in tutte le zone d’Europa e in molti altri luoghi per una causa che non era la loro.
Una documentazione fornita dal Commonwealth War Graves Commission, testimonia che 80.482 soldati anglo-indiani furono uccisi nei campi di battaglia Europei e in altri luoghi. Anche nella Seconda Guerra Mondiale i Sikh si sono resi protagonisti di gesta eroiche su quasi tutti i fronti di guerra dalla Francia ai Balcani, dal Nord Africa alla Birmania. Questo valore è testimoniato dall’elevato numero di caduti angloindiani, pari a 89.218.
Secondo il Commonwealth War Graves Commission, sono 5727 i soldati indiani morti sul territorio italiano durante la Seconda Guerra Mondiale. Le perdite totale tra morti, feriti e dispersi furono 312.000, e fra questi, 42.000 caduti appartenevano alle forze del Commonwealth in Italia.
Ci sono diversi cimiteri di guerra che testimoniano il contributo dei Sikh durante le due guerre mondiali in Italia: cimitero di guerra di Bari; cimitero di guerra di Salerno; Cimitero di guerra di Napoli; cimitero di guerra di Caserta; cimitero di guerra di Minturno; cimitero di guerra sul Fiume Sangro; cimitero di guerra sul Fiume Moro; cimitero di guerra di Forlì; cimitero di guerra di Anzio; cimitero di guerra di Cassino; cimitero di guerra di Roma.
I Sikh hanno svolto un ruolo pionieristico nella lotta per l’indipendenza dell’India. Hanno fatto sacrifici del tutto sproporzionati rispetto alla loro forza demografica (i Sikh costituiscono meno del 2% della popolazione indiana).
Il Sikhismo è una delle cinque maggiori religioni nel mondo e una tra le più recenti, con fedeli sparsi in tutto il globo, ma con concentrazione particolare nel Punjab, stato dell’India settentrionale, dove nacque nel 15° secolo.
Il Sikhismo è una religione pratica, una fede di speranza ed ottimismo. I suoi ideali formano una larga parte degli elementi più progressivi dell’umanità di oggi. Mostra al genere umano come condurre una vita valida e utile nel mondo, e questo la eleva allo stato di fede del mondo universale. Le credenze fondamentali comprendono la fede e la meditazione sul nome del Creatore, l'unità di tutto il genere umano, l’impegno in servizi di volontariato, la lotta per la giustizia sociale per il beneficio e la prosperità di tutti, e la condotta di una vita onesta.
Il termine Sikh significa “allievo”. Sikh è colui che crede in un unico Dio e negli insegnamenti dei Dieci Guru (Maestro), raccolti nello Sri Guru Granth Sahib Ji, la Sacra Scrittura dei Sikh.
Breve storia del Sikhismo
La religione Sikh è stata fondata da Guru Nanak, apparso sulla terra nel 1469 nel villaggio chiamato Talwandi, oggi conosciuto col nome di Nankana Sahib, nella provincia del Lahore, ora nel Pakistan. Fin dall’infanzia la sua mente acuta si è sempre rifiutata di accettare i riti senza fondamento, le superstizioni e i dogmi che a quel tempo venivano spacciati per religione.
Guru Nanak, e i Nove Guru che gli sono succeduti, hanno dato un magnifico esempio di spiritualità viva, pur tuttavia prendendo parte nelle attività del mondo secolare.
Il Decimo Guru (ed ultima figura umana come Guru), Guru Gobind Singh Ji inizializzò i Sikh alla cerimonia dell’Amrit (battesimo) nel 1699, donando loro un’identità caratteristica. I primi Cinque Sikh battezzati vennero chiamati Panj Pyare (Cinque Beniamini). Costoro, a loro volta, battezzarono il Guru stesso a sua richiesta – un avvenimento inedito nella storia. Poco prima di lasciare la vita terrena, Guru Gobind Singh Ji ordinò ai suoi discepoli di considerare il Guru Granth Sahib Ji, la Sacra Scrittura, come la suprema autorità spirituale ed investì il Panth Khalsa (Comunità Sikh) dell’autorità temporale.
Durante il XVII secolo, i Sikh furono soggetti a varie persecuzioni e soppressioni da parte delle autorità Moghul, che furono motivate come reazione al fanatismo di codesta religione. I Sikh dovettero fare enormi, supremi, sacrifici per proteggere e preservare la loro fede ed anche la propria identità caratteristica.
Quando l’impero Moghul era sull’orlo della disintegrazione e gli Afghani avevano cominciato ad invadere il paese guidati da Ahmed Shah Abdali, i Sikh ne approfittarono per stabilire il proprio regno, che venne realizzato da Maharaja (Grande Re) Ranjit Singh. L’Impero Sikh durò mezzo secolo fino a poi cadere nelle mani degli inglesi dopo la morte del Maharaja.
Durante la lotta per la liberazione dell’India, un gran numero di Sikh sacrificò la propria vita, affrontando con coraggio ogni sorta di brutalità, ed ha sofferto lunghi periodi di prigionia per liberare il paese. Benché i Sikh siano meno del due per cento della popolazione indiana, hanno costituito una grande percentuale dei sacrifici per la liberazione dell’India.
Religione e filosofia Sikh
La religione Sikh è strettamente monoteistica, poiché crede in un solo Dio Supremo. Egli è Assoluto, è l’Eterno, il Creatore, la Causa delle cause, senza inimicizia, senza odio, immanente alla sua creazione e contemporaneamente al di là di essa. Non è più solo il Dio di una nazione, ma il Dio della Grazia.
Ammesso tutto questo, Egli creò l’uomo per la realizzazione del suo obiettivo nel cosmo.
“Oh mio spirito, tu sei l’incarnazione della Luce: conosci la tua essenza” (Guru Nanak Dev Ji)
“Oh mio spirito, il Signore è sempre con te, tramite la parola del Guru, godi il Suo amore; conoscendo la tua essenza, tu conosci il tuo Signore e così conosci il mistero della nascita e della morte” (Guru Granth Sahib Ji, p.441)
Il postulato fondamentale del Sikhismo è che la vita è stata emanata da una pura Sorgente; la Vera Unità risiede in essa. Non solo l’intera filosofia Sikh, ma il suo intero carattere e la sua storia derivano da questo principio.
I Sikh non riconoscono il sistema delle caste, e neppure credono nel culto degli idoli, nei riti e nelle superstizioni. Dei e Dee sono considerate “non-entità”.
Questa religione consiste nel vivere pratico, nel servire l’umanità e nel generare tolleranza e amore fraterno verso tutti. I Guru Sikh non appoggiano il ritiro dal mondo come mezzo per raggiungere la salvezza, che può essere ottenuta da chiunque si guadagni onestamente il pane e conduca una vita normale.
“Solamente conosce il Cammino, o Nanak, colui che guadagna il suo con il sudore della fronte e poi lo condivide con gli altri” (Guru Granth Sahib Ji, p.1245)
Ricchezza e possesso personale non sono ostacolo per vivere all’altezza degli ideali spirituali: “coloro che sono in armonia col Signore, attraverso la Grazia del Guru, arrivano a Lui anche nel bel mezzo della ricchezza” (Guru Granth Sahib Ji, p.921)
Identità caratteristica dei Sikh
Un Sikh ha una propria identità caratteristica, distintiva. Quello che lo distingue dagli altri è rappresentato da cinque simboli, popolarmente conosciuti come le Cinque K, perché la prima lettera di ogni parola indicante questi simboli è appunto K. I simboli sono i seguenti: Kesh (capelli lunghi, da non tagliare più), Kanga (piccolo pettine di legno), Kara (braccialetto di ferro), Kachera (particolare tipo di sottoveste, biancheria intima) e Kirpan (pugnale sacro).
Le persone che indossano un’uniforme e che sono dotate di un aspetto disciplinato, sono maggiormente atta ad ottenere unità di propositi e ad acquisire un senso reale di fratellanza. Un Sikh senza questi simboli non è nessuno.
Oltre alle Cinque K un altro simbolo che identifica un Sikh è il turbante. Esso è l’emblema del Sikhismo. Per i Sikh il turbante è sacro e non è considerato come un cappello o copricapo qualsiasi. I Guru hanno istruito tutti i Sikh a mettere il turbante ed hanno sacrificato la loro vita per proteggere questo onore. Il turbante è lì a ricordarci della nostra connessione a Dio. Contestualizza noi come devoti di Dio e ci dà un modo per vivere in segno di gratitudine per questo dono di riconoscimento.
Ruolo della donna nella società Sikh
La donna è considerata una parte significativa della comunità. Riceve il più grande rispetto e considerazione per il suo ruolo nella famiglia e nella società. Tra i Sikh non esiste l’usanza della “sati”, immolazione della vedova sulla pira del defunto marito. La vedova ha invece il diritto di risposarsi se lo desidera.
Si considera che la donna abbia la stessa anima dell’uomo e quindi che abbia gli stessi diritti ad una crescita spirituale, di partecipare alle congregazioni religiose e di recitare gli inni sacri nei templi Sikh. Può anche essere scelta per partecipare a tutte le funzioni religiose, incluso il battesimo, e perfino celebrarle.
La dote, complesso di beni che, al momento delle nozze, la donna, o chi per lei, apportava al marito per contribuire alle spese ed agli oneri patrimoniali derivanti dal matrimonio, non è permessa. Indossare vesti che espongono il corpo e che fanno nascere cattivi pensieri è considerato disdicevole.
Contributo dei Sikh nel mondo
In Europa pochi conoscono quanto sia antica la tradizione guerriera, comunque intesa in senso spirituale, tipica del popolo Sikh, che ha dovuto fin dall’inizio difendere la propria libertà e la propria identità.
La prima pietra di questa spiritualità marziale fu posta da Guru Hargobind Sahib, sesto Guru dei Sikh, che favorì la diffusione degli ideali di coraggio e di spirito marziale tra i Sikh in seguito al martirio di Guru Arjan Dev Ji, avvenuto a Lahore nel 1606. Per primo, infatti, stabilì il concetto di “Miri e Piri”, la dottrina che unisce l’etica del santo con quella del soldato, e diede così origine a una nuova discendenza spirituale, il Khalsa – fondato dal decimo Maestro, Guru Gobind Singh Ji nel 1699.
I Sikh, dunque, combatterono vittoriosamente contro i Moghul riuscendo definitivamente a instaurare il “Khalsa Raj” (regno del Khalsa) dal 1800 al 1849, sotto il comando del Maharaja Ranjit Singh. Tuttavia, alla morte del Maharaja il dominio Sikh cadde nelle mani degli inglesi.
Rendendosi conto del fatto che i Sikh erano guerrieri coraggiosi e tra i migliori combattenti, le forze imperiali Inglesi li reclutarono in gran numero. I contadini del Panjab, intrepidi per natura, accettarono di arruolarsi nell’esercito britannico.
Fin dal principio i Sikh sono stati imposti dai loro Guru ad affrontare l’ingiustizia sociale, come parte integrante della loro esperienza spirituale e del loro progresso. I Khalsa non furono mai soldati bellici o mercenari; essere un santo soldato faceva parte della loro formazione spirituale e come il difensore della libertà religiosa per tutte le fedi.
Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, migliaia di Indiani, in particolare i Sikh, furono schierati in Europa, in Medio Oriente, in Asia e in Africa a combattere per le Forze Alleate. Lontani dalla madrepatria, essi si scontrarono valorosamente in tutte le zone d’Europa e in molti altri luoghi per una causa che non era la loro.
Una documentazione fornita dal Commonwealth War Graves Commission, testimonia che 80.482 soldati anglo-indiani furono uccisi nei campi di battaglia Europei e in altri luoghi. Anche nella Seconda Guerra Mondiale i Sikh si sono resi protagonisti di gesta eroiche su quasi tutti i fronti di guerra dalla Francia ai Balcani, dal Nord Africa alla Birmania. Questo valore è testimoniato dall’elevato numero di caduti angloindiani, pari a 89.218.
Secondo il Commonwealth War Graves Commission, sono 5727 i soldati indiani morti sul territorio italiano durante la Seconda Guerra Mondiale. Le perdite totale tra morti, feriti e dispersi furono 312.000, e fra questi, 42.000 caduti appartenevano alle forze del Commonwealth in Italia.
Ci sono diversi cimiteri di guerra che testimoniano il contributo dei Sikh durante le due guerre mondiali in Italia: cimitero di guerra di Bari; cimitero di guerra di Salerno; Cimitero di guerra di Napoli; cimitero di guerra di Caserta; cimitero di guerra di Minturno; cimitero di guerra sul Fiume Sangro; cimitero di guerra sul Fiume Moro; cimitero di guerra di Forlì; cimitero di guerra di Anzio; cimitero di guerra di Cassino; cimitero di guerra di Roma.
I Sikh hanno svolto un ruolo pionieristico nella lotta per l’indipendenza dell’India. Hanno fatto sacrifici del tutto sproporzionati rispetto alla loro forza demografica (i Sikh costituiscono meno del 2% della popolazione indiana).
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